Ma sì, sapete che vi dico? Li recensisco tutti e due insieme in una botta sola, chissenefrega. Parlando onestamente non avevo mai preso in seria considerazione gli Stone sour, non chiedetemi perchè, forse avevo ascoltato qualcosa con un sound metal troppo moderno per i miei gusti o forse non ero interessato all'ennesimo progetto di Corey Taylor, uno che oramai è come il prezzemolo.
Per farla breve: il caso volle che mi ritrovai ad ascoltare questo House of gold and bones: wow, che bella sorpresa...Sono questi gli Stone sour?
Andiamo a vedere quanto costa: passo all HMV di Oxford Street, toh, svendita cd, l'edizione digipack (un po' incasinato, a dire il vero) costa 2 pound e qualcosa. Beh, meglio di così, lo faccio mio!
La caratteristica principale dei due dischi è la varietà, essendo un concept, la musica segue l'umore dei testi e della storia alle spalle, ci ritroviamo quindi a passare da sfuriate metal, a mid tempo, a ballad con facilità...e la varietà ci piace!
I due dischi sono pressochè identici come stile (essendo un concept molti passaggi sono ripetuti), quindi non credo sia un grosso delitto recensirli insieme.
Se dovessi sceglierne uno, sceglierei la prima parte, sarà probabilmente per la mancanza di novità del secondo, uscito a distanza di 6 mesi o forse per i ritmi abbastanza più rilassati e malinconici del secondo. Se volessi fare il pignolo potrei dire (come faccio di solito): perchè non fare un disco migliore, ma uno solo, invece di due? Beh, in questo caso entrambi i dischi sono buoni, quindi la smetto.
In House of Gold & Bones Part I & II troviamo tante ottime canzoni e tanta maturità artistica, gli Stone Sour ci fanno capire che sono in grado di spaziare tra varie atmosfere con notevole disinvoltura: l'opener Gone sovereign ci da benissimo l'idea della qualità del concept, che non perde colpi col passare del tempo fino a sfociare alla mia preferita Tired, canzone perfetta grazie anche a delle magnifiche orchestrazioni alla base.
Dicevamo, più malinconico e rilassato il secondo disco, che infatti si apre con la (apparentemente) tranquilla Red city, che poco si adatta come opener se non si trattasse di un concept, dove quindi (quasi) tutto è concesso. Anche il secondo capitolo ha dei momenti di spicco niente male: parliamo soprattutto di Sadist e della title track, posizionata a fine disco, come conclusione.
Beh, è già parecchio difficile descrivere un album a parole, farlo con un concept di due dischi diventa ancora più arduo. Quello che vi posso consigliare è di dare un ascolto a questo House of gold & bones, non vi deluderà.
Curiosità: il basso nei due album è suonato da Rachel Bolan degli Skid row (lo so che non ve ne frega nulla, ma sono un fan degli Skid row e dovevo menzionarlo).
Voto complessivo: 75/100
Top tracks: Gone sovereign, Tired, The house of gold & bones