Recensione: Sons of Apollo - Psychotic Symphony (2017)


Il disco più atteso dell'anno? Per il sottoscritto senza dubbio.
Mike Portnoy che ritorna al prog metal in stile Dream Theater... E chi ci dorme la notte?
Lo avevamo lasciato con la sua partecipazione al magnifico disco The similitude of a dream della The Neal Morse Band e in quell'occasione avevo anche avuto la fortuna di poterlo intervistare
Eccolo adesso in compagnia del vecchio compagno di sventure (nei Dream theater) Derek Sherinian alle tastiere, poi Ron “Bumblefoot” Than alla chitarra, Billy Sheehan al basso e Jeff Scott Soto al microfono. Beh, mi sembra niente male come formazione, che dite? Anche la copertina sembra abbastanza imponente come se volesse sottolineare l'importanza del progetto.

Avevo già ascoltato le canzoni uscite come singoli, ovvero Coming home e Sign of the time e le avevo apprezzate entrambe anche dopo un veloce primo ascolto (clicca sui link per i rispettivi video). La bellissima notizia è che, nonostante siano delle ottime canzoni, non sono neanche il meglio di questo Psychotic Symphony. Se devo citare due pezzi che speravo di trovare in questo disco direi senza dubbio l'opener God of the sun e la conclusiva -interamente strumentale- Opus Maximus, due pezzi di circa 11 minuti dalla tecnica musicale eccellente combinata al gusto di Mr. Portnoy e degli altri quattro maestosi musicisti: più solare e orientaleggiante la prima, più oscura (con un'intro quasi Doom) la seconda, con un Billy Sheehan grande protagonista. L'altro pezzo lungo del disco è Labyrinth che contiene a partire dal minuto 5.30 una parte strumentale da leccarsi le orecchie, non voglio fare riferimento ai Dream Theater, ma l'ho appena fatto.

Pezzi più "normali", se parliamo di forma canzone e durata, sono Alive (una sorta di semi ballad) e Divine Addiction, con un intro di Derek Sherinian che sin dall'intro Figaro's Whore trasuda anni 70 da tutti i pori. Sembra di ascoltare qualcosa dei Rainbow in versione moderna (e incazzata).

Menzione speciale per la grintosa e aggressiva Lost In Oblivion, dove i cinque musicisti danno il meglio di loro stavolta in un tempo ridotto. Sicuramente uno degli episodi migliori dell'album per incisivitá e per le vibrazioni che mi regala.

L'unica cosa che non mi ha entusiasmato del disco è la voce di Jeff Scott Soto. Canta benissimo, per carità, non sono qui per discutere le qualità canore di Jeff, ma da amante dei Dream Theater forse avrei preferito una voce un po' più variegata e tendente un po' più verso l'alto invece di, diciamo così, una voce che non rischia poi moltissimo (a parte forse in Lost In Oblivion). Ma sapete che ho spesso da ridire sui cantanti, quindi prendete il tutto con le pinze, perché la prova vocale di Mr. Soto é buona, senza dubbio.

Essendo un album suonato con questa maestria e pieno di tantissimi particolari mi è difficile poterlo descrivere con parole. Vi dico solo che se amate il prog metal e la band che ho già citato piú volte, dovete dare una chance a tutti i costi a questo Psychotic Symphony, che incontrerá quasi sicuramente i vostri gusti. Devo pensarci anche un po' per quelle che sono le mie consuete tre tracce preferite, perché quasi tutte meriterebbero la palma di top track.

Oh, Portnoy non ne sbaglia una. Vuoi vedere che il suo nuovo ennessimo progetto finisce di nuovo al primo posto della top 10 di quest'anno?

Voto 77/100
Top tracks: God Of The Sun, Lost In Oblivion, Opus Maximus.

Tracklist:
01. God Of The Sun
02. Coming Home
03. Signs Of The Time
04. Labyrinth
05. Alive
06. Lost In Oblivion
07. Figaro's Whore
08. Divine Addiction
09. Opus Maximus