Recensione: Iron maiden - The final frontier (2010)


Carissimi Iron maiden, ma perché? Perché avete pubblicato quest'album? Perché? Non potevate fare uscire un altro inutilissimo live album (cosa successa subito dopo, comunque), piuttosto?
Ho difeso a spada tratta le ultime uscite della band, ma questa no, non posso, non ce la faccio.

Vado subito al sodo: The final frontier é, secondo il mio modesto parere, l'album peggiore della band: noioso, borioso, pretenzioso, prolisso e chi piú ne ha piú ne metta. Si, anche peggio di Virtual XI. Mi odiate, eh?

L'andamento del disco si intuisce dall'intro Satellite 15: ma che é sta porcheria? Ma perché dura cosí tanto? Perché non la smettono? Queste le prime domande che l'ascoltatore medio si pone all'ascolto. La situazione si normalizza con le successive The final frontier ed El dorado, che non sono altro che le classiche canzoni fatte "con lo stampino" dagli Iron maiden e che vengono sempre pubblicate come singoli. Non troppo male in generale, ma neanche niente che ti viene troppa voglia di riascoltare.  

Mother of Mercy ha una strofa e un andamento interessante, é il ritornello che é di una lagnositá micidiale: un Bruce sfiatato e mal prodotto canta ripetutamente Motheeeer of meeeercy... Motheeeer of meeeercy... Motheeeer of meeeercy... Motheeeer of meeeercy (scusate le ripetizioni, era per rendere l'idea) e invece siamo noi a chiedergli pietá. Anche un vergognoso copia-incolla della produzione (se avete presente l'ironica I'm in a band with an Italian drummer, sappiate che non siamo molto lontani) non lo aiuta per niente e, ascoltare l'ultimo ritornello (raddoppiato), é una pugnalata ai padiglioni auricolari. E stiamo parlando di uno dei miei cantanti preferiti.

Finalmente arriva Coming home, canzone meravigliosa, soprattutto se paragonata a tutte le altre del disco. Canzone assolutamente diversa, non di matrice Maiden, ma che sembra provenire da un album solista di Bruce Dickinson, infatti l'interpretazione del cantante é magistrale e la canzone risulterá nettamente la migliore del disco. The Alchemist é una di quelle canzoni che tutto sommato ascolti con piacere, ma che sembra scritta in 6-7 minuti col pilota automatico come riempitivo, come se il disco non fosse giá abbastanza lungo (dura quasi 80 minuti!)
La prima parte del disco é questa: canzoni abbastanza brevi, lagnose e/o poco ispirate, a parte una.

La seconda parte del disco é caratterizzata da canzoni molto lunghe e piene di idee, molte delle quali, anche se trite e ritrite, valide. Il problema della seconda parte é la noia: le canzoni non sarebbero affatto male, se durassero 3-4 minuti di meno (esatto, ho detto 3-4 minuti!): strofe ripetute per sempre ed introduzioni che se ti vai a fare la doccia, quando torni sono ancora li.

Ho ascoltato l'album molte volte, ma arrivati a The talisman, in genere, getto la spugna.
Ma le ultime due canzoni non sono da meno. A volte arrivo, faticando, a The Man Who Would Be King, ma appena comincia la solita introduzione degna del miglior Marzullo, premo di scatto il tastino Off. No, non stop e poi Off, direttamente Off, cosa che faccio davvero di rado.
Per dovere di recensione dico che il finale di questa canzone é terribile (un po' meno quello che ci sta in mezzo) e che, anche la successiva e ultima When The Wild Wind Blows ha un'introduzione di 2.15. Se volete terminare l'ascolto dell'album vi mancano nove minuti, coraggio... Io ho spento.

Voto 50/100  (1 voto in piú solo per Coming home)
Best song: indovinate? Ok, Coming home.
Skip songs: la seconda parte del disco é micidiale.

Tracklist:
01. Satellite 15... The Final Frontier
02. El Dorado
03. Mother Of Mercy
04. Coming Home
05. The Alchemist
06. Isle Of Avalon
07. Starblind
08. The Talisman
09. The Man Who Would Be King
10. When The Wild Wind Blows