Recensione: Alter Bridge - Fortress (2013)


Onestamente, senza un motivo plausibile, non avevo molte aspettative per questo Fortress, nonostante un artwork che mi piace davvero un sacco.

Sará che l'ultimo capitolo ABIII, pur essendo un disco di tutto rispetto, non mi aveva soddisfatto al 100%, sará che non vedevo ancora molte cartucce rimaste dal punto di vista compositivo, non saprei... Invece, giá con l'ingresso di Cry of Achilles ho strabuzzato gli occhi e le orecchie. Oh cacchio. Costruito su un giro di chitarra classico, il pezzo è maestoso e Tremonti è al suo meglio. Ascoltare per credere. Il singolo Addicted to pain gli fa compagnia, veloce, orecchiabili, cattivo. Davvero una partenza col botto. Con la terza traccia Bleed it dry, capiamo che qualcosa è cambiato negli Alter bridge rispetto al recente passato: intanto sono tornati gli assoli veri e propri (su ABIII di soli lunghi e gustosi neanche l'ombra, primo motivo per il quale non mi ha soddisfatto pienamente), inoltre i riff sono decisamente più cattivi e la band spazia un po' di più, a livello di strutture e arrangiamenti. Un terzetto iniziale da paura, per farla breve.

Snocciolando (!) un po' il resto di questo Fortress, troviamo due (power) ballad: Lover e All ends well, che convincono entrambe, pur non raggiungendo la bellezza di altre "colleghe" presenti nei primi due dischi. Un po' di ritorno al passato, seppur con un riff "nuovo corso" con Peace is broken, sostanzialmente la buona classica canzone degli Alter bridge, che però suona un po' come già sentita, pur essendo gradevole da ascoltare. Water rising invece comincia con Mark Tremonti al microfono che ormai ci ha preso gusto, a ragione, dato l'ottimo risultato del suo album solista All I was (clicca qui per leggere la recensione), che si alterna col cantante "titolare" Myles. Bel pezzo.

Further than the sun é orecchiabilissima senza per questo perdere potenza e sembra provenire dalle sessioni di scrittura di ABIII mentre Calm the fire ci mostra un Myles Kennedy con un volto diverso, in un brano, che all'inizio, è un misto tra i Muse e un pezzo lirico, ma che poi si svilupperà ritornando più su binari abituali. Nota particolare per la sezione ritmica, grandissimo drumming in tutto il brano, sul livello di quello di Coming Home su Blackbird, per intenderci.
La conclusiva Fortress della durata di quasi 8 minuti, ha diverse soluzioni al suo interno e si siviluppa come canzone tradizionale, ma nella parte centrale troviamo un grande solo e grandi passaggi di chitarra. Per questo motivo è stata scelta come titolo dell'album, in quanto rappresenta a pieno il disco e la band. Sono abbastanza d'accordo.

La novità di questo disco è la pesantezza. I riff di Tremonti, dopo la fortunata parentesi solista, si sono fatti più pesanti e il suono della band si è indurito notevolmente mentre il difetto di questo disco è quello di tutti i dischi degli AB: nessuna canzone è da buttare, ma almeno 2 pezzi in meno avrebbero giovato all'ascolto integrale e alla sua fluidità.

Sulle prestazioni dei singoli, Myles Kennedy e Mark Tremonti sempre superbi (forse, stavolta, Mark riesce persino a mettere in secondo Myles, se possibile) e la premiata coppia Marshall e Phillips, è sempre ottima in fase ritmica. Soprattutto il lavoro di batteria è eccelso e Phillips da disco è un batterista pazzesco, peccato mi faccia smadonnare dal vivo perchè accelera le canzoni del 50%, anche se non saprò mai se la colpa è sua oppure è una scelta della band.

Bentornati Alter Bridge!

Voto 74/100
Top tracks: Cry of Achilles, Addicted to pain, Bleed it dry.

Tracklist:
1. "Cry of Achilles"
2. "Addicted to Pain"
3. "Bleed It Dry"
4. "Lover"
5. "The Uninvited"
6. "Peace Is Broken"
7. "Calm the Fire"
8. "Waters Rising"
9. "Farther than the Sun"
10. "Cry a River"
11. "All Ends Well"
12. "Fortress"