Quando posso, non mi faccio scappare l'occasione di vedere i The Darkness, gruppo che mi piace sempre vedere dal vivo per la loro attitudine rock e per il fatto che non si prende mai molto sul serio. Li ho visti in nella stessa location nel 2011 e quel di Camden town nel 2013 (clicca qui per il live report).
Prendo posto nella tribuna della storica location (se avete una buona collezione di CD/DVD probabile abbiate qualche live registrato in questo teatro) giusto quando comincia il gruppo spalla, i Blackfoot Gypsies che, devo dire la verità, avevo ascoltato qualche minuto su YouTube e mi avevano fatto cagare. In questa sede mi sono invece goduto la performance con il cantante che suonava come un Bob Dylan ma con un’estensione notevole. Una mezz’ora di una sorta di folk rock con tanto di armonica distorta in primo piano, a volte dal volume eccessivo ma sempre piacevole.
Ma veniamo al main act. Si parte con Open Fire e subito si nota come Justin Hawkins abbia un delay di un quarto d’ora circa. La band ci riporta poi alle atmosfere di Permission to land, con la bellissima semi-ballad Love is only a feeling. Per l’occasione Justin ci delizia con un numero da circo: lancia il plettro, lo colpisce col tacco, lo riprende e continua a suonare. Chissá quante ore si sará allenato, mica facile... Segue la mia adorata Southern train, incazzatissima canzone tratta dal loro ultimo album Pinewood Smile (clicca per la recensione).
In Black shuck si ha la prima dimostrazione che la band ha finalmente trovato un batterista: non me ne voglia il vecchio drummer Ed Graham ma Rufus Taylor é proprio di un’altra categoria e le canzoni suonano molto più solide con lui. Ricordo ancora il suono orribile che aveva la batteria nel primo concerto visto in questa sede.
È il mio momento preferito: Frankie Poullain e il campanaccio! Noto con piacere che la gag non è stata eliminata dal set. Stavolta è un maggiordomo a portaglielo e ovviamente parte One way ticket to hell a ruota. Ecco lo storico momento, immortalato dal mio amico Fabio (la mia foto é venuta sfocata).
Il mitico Frankie, anche condizionato dal pubblico, parte con il tempo sbagliato (troppo veloce) e la band lo aggiusterá con il passare dei secondi. Justin stoppa la canzone sul finale e decide che deve colpire la palla da discoteca (non so se ha un nome specifico, mi perdonerete) posta sul soffitto del teatro, con un plettro. Penso ci proverà una decina di volte, prima di desistere. Ma ci riprovera più tardi. Ecco una foto.
Ecco una delle mie canzoni preferite in assoluto della band, una Barbarian che peró è mancata un po’ dal punto di vista vocale e con dei cori poco incisivi. In realtà per tutta la prima parte del concerto il microfono è stato ad un volume più basso rispetto al resto, si sistemerà nella seconda parte (o si sono sistemate le mie orecchie, non saprei).
Molto bella Every inch of you con suoni molto più robusti rispetto all’originale e dei cori maginifici di Daniel Hawkins, che è stato il vero protagonista alla chitarra e con davvero un suono notevole. La scaletta mi ha soddisfatto molto e ha pescato dall'intero catalogo della band, privilegiando ovviamente il primo disco, maggior successo commerciale della band: non possono mancare canzoni come Friday Night (cantatissima dal pubblico), Get your hands off my woman o Growing on me.
Si arriva ai bis (dove Justin ci aveva avvertito che dovevamo applaudire per farli ritornare sul palco) e prima di Christmas time (ha nevicato un sacco in giornata, quale migliore occasione per suonarla) ha finalmente colpito la lampada con il plettro. Penso non saremmo mai andati a casa se non ci fosse riuscito. Dicevo di Christmas time, dove è partita anche l’illuminazione di natale con tanto di mega interruttore azionato da Justin.
Il concerto si chiude con quello che è il più grande successo della band, I believe in a thing called love, dove la tribuna si alza in piedi e comincia a cantare. A proposito di tribuna, dietro di me avevo una fila di assatanati: una specie di facocero che ha fatto il fischio alla Trapattoni (quello con le due dita in bocca) con cadenza costante, ogni 20/30 secondi, per tutta la durata del concerto. Gli altri amici al suo fianco si limitavano a gridare senza motivo apparente. Davvero una bella comitiva di persone che avrei preferito fossero rimaste a casa.
Tirando le somme: mi sono divertito e mi sono goduto il concerto che é filato via molto veloce (1 ora e 45 la durata totale). La band mi è sembrata più matura, ha guadagnato qualcosa a livello musicale (grazie soprattutto a Rufus Taylor) ma ho trovato Justin un animale più leggermente piú controllato rispetto ad altre occasioni. Per quanto possa essere mai controllato questo folle, ovviamente. Gran bel concerto.
Top songs: One way ticket, Every inch of you, Get your hands off my woman