Recensione: Confess - Burn 'em all (2020)


di Giulia Toselli

Avete presente quella sensazione che arriva quando, dopo avere ripetuto ad oltranza che non vi piace una cosa (ma non l’avete mai assaggiata davvero, o almeno non in tutte le sue varianti), vi ci imbattete e vi piace un sacco? Quella frase che dite a voi stessi: acciderbolina (o esclamazioni più appassionate), non sarò stato un po’ sciocchino (o definizioni di voi stessi più apppassionate)?

Ecco, una cosa molto simile capita a me con certi sottogeneri hard ‘n heavy, che tendo a rifiutare più per partito preso (faccio lo stesso coi mandarini, non mi piacciono e da lì rifiuto tutto ciò che sia lontanamente agrumato sulla faccia della terra, ma questa è un’altra storia).

Più precisamente, e veniamo finalmente a noi, questa cosa mi è successa qualche giorno fa, quando ho ascoltato l’ultimo e molto interessante album del gruppo Sleaze Rock svedese, i Confess.

Ora, se ho capito e studiato bene, lo Sleaze Rock è una corrente heavy rock/metal che si sviluppa nella seconda metà degli anni ottanta, reinterpretando in chiave più sporca e “ignorante” la scena glam di quegli anni. Prende anche molto piede nei paesi nordici, da dove arrivano i nostri amici Confess. Sicuramente qualcosa a cui tendenzialmente mi terrei abbastanza lontana, se non che Burn ‘em all, il loro ultimo album, è veramente molto bello e con sonorità varie e accativanti.

Innanzitutto, chi sono i Confess? Quintetto di Stoccolma dallo sguardo neanche troppo cattivo, si sono formati un po’ più di dieci anni fa e sono al loro terzo album, che esce domani, 28 Febbraio (mi sono ascoltata anche il loro secondo album, Haunters, molto valido ma questo Burn ‘em all ha una marcia in più, a mio parere).

Copertina un po’ strana con i cinque disegnati in uno scenario post-apocalittico dove le fiamme sullo sfondo testimoniano che i nostri eroi sono riusciti a bruciarli tutti (ma loro chi?)


Allora, si parte con So What? e con un intro di basso e batteria con i ritmi che si accellerano progressivamente e che ci riportano ad atmosfere anni ottanta, ma reinterpretate in chiave moderna e molto godibile.

Stesse atmosfere retro in molti pezzi, tra cui Malleus, tra le mie preferite (gran bel assolo centrale), Welcome Insanity, and Is It love, che ci rimandano ai primi Bon Jovi e Guns ‘n Roses. Bellissima e potente A Beautiful Mind, che parte con suoni di pioggia e lenti rintocchi di campane, per poi fare entrare un prepotente riff di chitarra che ci tiene compagnia fino alla fine. Nella title track Burn ‘em all, ho molto apprezzato l' intelligente gioco di stampo metal tra chitarra e batteria, il tutto sempre valorizzato dalla bella e versatile voce del cantante John Eliot.

L’ho trovato un album davvero interessante, può richiamare sonorità AOR ma decisamente più dure e dove diversi stili si fondono (si vede che i musicisti sono appassionati di tanti generi), eppure con una certa coerenza di fondo. Le melodie mi rimangono in testa per ore e apprezzo l’ottimo lavoro di tutti i musicisti, specialmente del potente e preciso batterista Sam, del lead guitarist Blomman e del già nominato John Eliot alla voce. Molto piacevole e divertente pure l’ultima canzone, One for the Road, che cambia le carte sul tavolo, presentandosi quasi come l’inno di una squadra sportiva, con un ritornello aulico e cori da stadio. Favolosa.

Bravissimi i Confess, ma chi l’avrebbe detto che questo Sleaze Rock…? Mi piaceranno anche i mandarini, prima o poi?


Line Up:
John Elliot: Voce
Blomman: Chitarra
Pontus: Chitarra
Ludwig: Basso
Sam Samael: Batteria

Tracklist:
01. So What?
02. Malleus
03. Welcome Insanity
04. A Beautiful Mind
05. Heresy
06. Burn 'em All
07. Is It Love
08. My Vicious Way
09. 509
10. Prominence
11. One For The Road