UN PO' DI ZUCCHERO (1983): di questo lavoro, rinnegato dallo stesso Adelmo, e azzeccato solo il titolo; tanto zuccheroso e stucchevole che ascoltarlo porta inevitabilmente a un'elevazione della glicemia e del rigonfiamento testicolare. Ciliegina sulla torta la stampa di una zolletta di zucchero su retro di copertina. In fondo un lavoro neomelodico trascurabile che niente ci dice di ciò che sarebbe successo in seguito. Un tempo era il classico cd da cesto dell'Autogrill, ora lo si trova per pochi spicci associato al successivo, ben più meritevole.
Da riscoprire: va beh, lasciamo perdere.
ZUCCHERO AND THE RANDY JACKSON BAND (1985):
il nostro incontra Corrado Rustici, Randy Jackson e la sua band, sfancula il debutto e prova a tirare fuori la musica che più gli piace, R'n'B, soul e blues e spolvera il fondo della classifica al Festival di Sanremo con l'inflazionata - e sottovalutata (ascoltare l'assolo di sassofono per credere) - Donne; e peccato che nessuno si ricordi di una perla come "Un Piccolo Aiuto". Acerbo ma la sostanza c'è.
Da riscoprire: Un Piccolo aiuto
RISPETTO (1986):
con questo lavoro, iconico già dalla copertina punk, Zucchero dimostra ancora una volta di scazzare la scelta della canzone da portare a Sanremo; invece di puntare sulla perfetta title-track (amata da Vasco Rossi), o sulla delicata Come il Sole all'improvviso, presenta Una canzone triste, bell'esempio di ballata soul ma che, come da copione, non riesce a sfondare presso le cariatidi del Festival. Un disco assolutamente da riscoprire, e lo dico in primis al suo autore che ogni volta in sede live lo dribbla in modo inspiegabile.
Da riscoprire: decisamente
TUTTO. BLUE'S (1987):
ecco un disco da ascoltare a ripetizione, un lavoro che Zucchero dovrebbe suonare per intero a ogni concerto, perché veramente perfetto dall'inizio alla fine, dalla scatenata Con Le Mani alla dolce Hai scelto me, dall'inconoclasta "Solo una sana e consapevole libidine salva il giovane dallo stress e dall'azione cattolica" (suonata ovunque, anche a un raduno di CL) all'onirica Dune Mosse (con Miles davis, poi, questo pezzo toccherà vette sublimi); un disco impeccabile e irripetibile... O quasi.
Da riscoprire: perché, c'è qualcuno che ancora non lo conosce???
ORO INCENSO & BIRRA (1989):
il disco si apre con Overdose, ma l'antidoping andrebbe fatto al nostro, perché qui abbiamo il terzo centro perfetto, anzi, per certi versi qui il valore aggiunto è dato da una maggiore eterogeneità stilistica che si snoda attraverso una serie di classici imprescindibili (spicca Diamante scritta con De Gregori), tra i quali è impossibile scegliere. E pazienza se Diavolo in Me è identica a High Time We went dell'amico Joe Cocker; e buona pace anche per tutto coloro che sono impazziti nel cercare la traduzione per il termine inesistente Iruben Me. Questo disco, amato da Eric Clapton e Brian May (che vorrà Zucchero come unico artista italiano nel concerto tributo a Freddie Mercury), porterà il nostro all'apice del successo internazionale.
Da riscoprire: vedi sopra....e comunque Iruben Me.
MISERERE (1992):
dopo una terna perfetta arriva un disco fiacco e stanco, depresso come il suo autore, in crisi e in preda a un calo di ispirazione ("lecca le mie pene" è un giochino di parole piuttosto discutibile). Canzoni belle ci sono, It's alright è un gioiello e L'urlo e divertente, ma i riempitivi son troppi... E poi c'è la title-track, monumentale e straordinaria (andatevi a leggere la storia della sua realizzazione, fantastica); proprio questa canzone convincerà il maestro Pavarotti ad aprirsi alla contaminazione con la musica "profana", inaugurando la fortunata serie dei Pavarotti & Friends.
Da riscoprire: It's Alright (la promessa)
SPIRITO DiVino (1995):
la Mulino Bianco è a corto di jingle ed ecco che il nostro ci ricava un disco. Scherzi a parte si tratta di un disco rustico, volutamente retrò, che segna un ritorno a sonorità più vicine alla black music. Qui sopra c'è una vera e propria collezione di classici: Il Volo, Così Celeste, Pane e Sale, Papà Perché (con tanto di assolo di Jeff Beck), Per colpa di Chi... A proposito di quest'ultima ecco un paio di curiosità: lo strillone che in apertura grida "il mondo è ammalato" esiste davvero e dice davvero quelle cose; inoltre Funky Gallo è il nome di un gallo dell'allevamento del nostro che aveva il passatempo di "coprire" le galline tutto il giorno.
Da riscoprire: Papà perché
BLUESUGAR (1998):
di questo disco di ricordano tutti solo per lo pseudoplagio di "Blu" ai danni di "Era Lei" di Michele Pecora, e in effetti il resto non brilla particolarmente: troppo moderno e ammiccante all'elettronica e al pop, al netto di alcune ballate veramente suggestive, tra le quali spicca la commovente Arcord, dedicata ad Augusto Daolio (con tanto di contributo registrato di quest'ultimo sul finale). Piuttosto confuso.
Da riscoprire: Arcord
SHAKE (2001):
qui Sugar gioca con la pazienza e la perseveranza dei fan, infilando in apertura 3 canzoni di m...a. Quando poi pensi che sia tutto perduto ecco arrivare la voce di Jhonny Lee Hoocker (ultima performance prima di morire) sulla clamorosa "Ali d'oro" e da lì e un crescendo di emozioni e ballate emozionanti, Ahum, la strasottovalutata Scintille, Dindondio, Rossa Mela della sera, brani meravigliosamente suonati e cantati. Anche la commerciale Baila non stona affatto, divertendo e dinamica, così come la title-track. Da applaudire sul piano tecnico il ricorso alla campionatura, inserendo nelle canzoni elementi di tracce del passato, espediente utilizzato anche da Moby nello splendido Play.
Da riscoprire: Scintille tutta la vita!
FLY (2006):
e ridalli... Complice un rinnovato successo commerciale il nostro ricomincia a strafare, e se "Bacco Perbacco" diverte, "Un Kilo" fa venire voglia di ingrassare per il nervoso. Non mancano anche qui ballate di grande pregio (ormai il nostro è un'eccellenza in questo), come Quanti anni ho o L'amore è nell'aria, ma il tutto cade un po' troppo nella prolissità.
Da riscoprire: È delicato.
CHOCABECK (2010):
il nome fa pensare a una merendina della Nestlè, in realtà è il rumore del becco del gallo su un piatto vuote in dialetto emiliano, ed è quello che si sentiva ripetere il piccolo Adelmo a fine pasto quando chiedeva cosa c'era per dolce (in parole povere non c'era un ca**o). E una sorta di concept album sull'infanzia del nostro, a partire dalla suggestiva "Un Soffio Caldo" (testo di Guccini), fino alla scanzonata "È un peccato Morir"...fanno storia a parte "Vedo Nero", singolo pop sulla figa (e c'è ancora chi non la capisce) e la title-track dove Zucchero gioca a fare i Coldplay più commerciali. Ancora troppo discontinuo, ma i segnali di una ripresa ci sono.
Da riscoprire: Il suono della domenica.
BLACK CAT (2016):
il buon Sugar finalmente si rende conto che per smuovere un po' le acque deve alzare il culo e andare a registrare in America. Il risultato, un bel disco dal gusto classico e carico di ottimi pezzi (oddio, "ecco 13 buone ragioni per preferire una birra a una come te...e un panino al salame" non è esattamente Shakespeare ma va beh), sin dall'iniziale scatenata Partigiano Reggiano (che dice tutto con poche parole), la stupenda Ci si arrende (c'è Mark Knopfler alla chitarra, ma non si sente, io boh!), Hey Lord e le commoventi "Siamo fatti di Sogni" e "Voci". Un ritorno con i fiocchi.
Da riscoprire: Hey Lord (quanto ci mancava un pezzo cosi)
D.O.C. (2019):
un disco genuino, fresco, dinamico, quasi perfetto, sicuramente d'impatto, sin dal singolo "Libertà", che belli così non ne faceva da anni. Esce questo disco, arriva la pandemia e Zucchero che fa? Prima lo ripubblica in formato deluxe con 6 inediti (bellissimi), poi ne fa uscire una versione "acustica" (da avere!)... Se non finisce presto sto tran tran chissà cosa altro ci riserverà?!
Da riscoprire: Libertà.
BONUS TRACK: ADELMO E I SUOI SORAPIS "VALZER DI UN BLUES":
ipotetico supergruppo formato, tra gli altri, con Dodi Battaglia, Fio Zanotti e Maurizio Vandelli, in realtà un dischetto di sano cazzeggio folk emiliano con qualche reminiscenza blues... e mortadella sul cd....solo per i tuttisti. Escludo dall'elenco le millemila raccolte pubblicate dal nostro, spesso ricche di inediti più che dignitosi, così come "La Sesion Cubana" e "Zu&Co", il primo la reinterpretazione di alcuni classici in salsa caraibica e il secondo un'affascinante retrospettiva dei grandi duetti realizzati dal nostro (escluso quell'obbrobrio indecente de "Il grande Baboomba").